
è solitudine davvero quando non hai da dirti niente.Continua a leggere “è solitudine davvero”
profondamente offesa
come per l’ingiustizia di un torto personale.
d’altronde, aver sprecato
l’unica occasione
di farsi mondo e di guardarsi fare.
vorrei portarmi un fiore
ma non vedo tracce da seguire
per ritrovare il tempo, il luogo,
e dirmi che ci sono
Immagine dell’autrice
non ricordo la prima pietra
ma quella che poi fu chiave di volta
di questa cattedrale costruita sull’argilla
e quel sussulto che l’ha buttata giù.
Immagine: Anselm Kiefer, Tikkum, 2004.
accomodarsi a lato di una sedia
dove ripiega il fumo
e si solleva polvere dal tempo
invecchiata, la polvere, come ogni cosa qui,
sai, come invecchia il tempo.
un po’ mi fa sorridere la scena,
quella tristezza, in fondo quel morire.
Immagine: Man Ray, Allevamento di polvere, 1920. Dettaglio del Grande vetro di Marcel Duchamp.
Luciana Riommi
se riesci a vedere il bianco – blank, il vuoto –
a sentire il silenzio che ha da dire
incontrerai l’assenza.
ma non è un gioco di società.
Immagine: Ha Chong-Hyun, Conjunction 03-8, 2003.
Luciana Riommi
l’ingenuità lo sai quant’è impudica
a mani nude sulla vita
col sentimento che fosse già finita
o non era un sentimento? dimmi tu.
lo sai, sull’argomento c’è tanta imprecisione.
Immagine: Yoshitaka Kashima
a sentirla raccontare sembra tutta un’altra storia,
ma è teatro di ologrammi
solo sembianze prive di memoria
non identità
e desiderio assurdo di un’assurda nostalgia
nostos il ritorno
sulle tracce di niente – verso casa? –
a cosa non è stato e non sarà.
oggi, semplicemente mai.
Immagine: SMALLEY HOLOGRAPHY GROUP
forse è l’idea che non c’è niente da capire
a generare questo pensare infertile
o l’arroganza che crede di sapere
ma non sa quant’è violenta una parola sempre uguale.
nell’artefatto dell’amore, per esempio,
dove amare si scambia con avere,
consumarsi a sazietà.
comunque nel disamore non c’è mai curiosità.
avvertimi se arriva un’altra estate
avvertimi prima che faccia sera.
per il viaggio
seguirò le tracce di un inverno.
io non ho mai pensato
che l’inverno fosse anaffettivo.
se sono pochi ad ascoltare
note discordi al tema del corale
sarà perché il silenzio fa paura
e non c’è pianto,
quello che rassicura.
quale che sia l’essenza della banalità.
tutta una vita per imparare a stare
in questo duplice non senso
tra parole d’abitudine già spente
e quanto ancora spese
e le parole
forse, se saranno,
che nuotano nel buio della piena.
Immagine: Горан Кулезић
non sia mai sprecare una parola
e in virtù di tanto spreco
quanto basta
come un pizzico di sale
al condimento della pasta.
non puoi guardare in faccia la poesia
sai che domani sarà già stantia.
Immagine: Ralph Gibson
mi dispiace
se non so dare forma
all’indistinto colmo che trabocca
e se l’urgenza ne fa cialtroneria.
Immagine: אבאביבה בכ
mi rimane sempre il dubbio che una fotografia
sia davvero l’istantanea fortunata di un momento di poesia
– non sarà una messa in posa, come il bacio di Doisneau?
Luciana Riommi
Early Days of the mirror selfie, Cecil Beaton.
via The Red List
non m’importa sapere se ci sono ancora
– le stelle, dico – che non vedo più lassù
nel buio finto, cieco, dove sarebbero
se non fossimo in città.
l’immaginario vede ciò che vuole
un po’ con la memoria, di più con l’invenzione.
ma poi, davvero, che mi cambia
in questo cono d’ombra che assomiglia a cecità?
Immagine: Sarale Elbar
lasciato alle spalle più di un bivio
e parole di mancanza
sono discorsi di silenzio
per la durata che rimane.
25 aprile 2020