Il caro energia rischia di bloccare la filiera della raccolta differenziata

Economia circolare e transizione ecologica sono oggi in cima all’agenda politica, ma l’aumento del costo dell’energia sta bloccando un settore centrale nel processo della rivoluzione verde: quello del riciclo.

da un articolo di Alice Facchini
Valigia Blu, 4 novembre 2022

Immagine: © Phanie/Agf. Un impianto per il riciclo della carta. via AGI

Le imprese del riciclo, come tutte le aziende energivore, nei mesi scorsi hanno già sostenuto aumenti notevoli, ma nelle ultime settimane il rialzo è stato tale da rendere non più sostenibile il ciclo produttivo: diversi impianti hanno chiuso alcune linee, mentre altri sono rimasti operativi soltanto alcuni giorni della settimana. 
“Pensiamo alle fonderie di alluminio, rame o acciaio, ma anche del vetro, che necessitano di moltissima energia. E poi ci sono le cartiere e le imprese della plastica riciclata”, dichiara Stefano Leoni, coordinatore dell’area Economia circolare e rifiuti della Fondazione Sviluppo Sostenibile.

Nell’ultimo anno, confrontando la media mensile di settembre 2021 e 2022, il costo dell’energia elettrica è passato da 159 euro a 430 euro per megawatt ora, con un picco raggiunto lo scorso agosto (543 euro per megawatt ora).
Un andamento simile è quello del gas, che ad agosto 2021 costava in media 0,45 euro per standard metro cubo e un anno dopo è arrivato a 2,5 euro. “I prezzi avevano iniziato a salire anche prima dell’inizio della guerra in Ucraina, per via della speculazione che è in atto sui mercati finanziari”, spiega Leoni. […]

Il risultato è che, tra le tante industrie che stanno soffrendo per il caro bollette, quella del riciclo è particolarmente esposta: per produrre la stessa quantità di “materia prima seconda”, ossia materia derivante da processi di riciclo che può essere immessa nel mercato come nuova materia prima, i costi sono lievitati. […]

L’industria italiana del riciclo è tra le più importanti in Europa: secondo lo studio L’economia circolare italiana per il Next Generation EU, in Italia il tasso di riciclo sulla totalità dei rifiuti è pari al 79%, contro il 56% della Francia, il 50% del Regno Unito e il 43% della Germania. L’intera filiera del riciclo ha un fatturato di oltre 70 miliardi di euro, 14,2 miliardi di valore aggiunto e oltre 213mila occupati. In termini ambientali, permette un risparmio annuo pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di Co2

Secondo l’ultimo rapporto L’Italia del riciclo, nel 2020 nel nostro paese sono state avviate al riciclo – tra imballaggi, carta e plastiche – 150 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, ossia rifiuti prodotti da industrie e aziende, più 29 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. “Al nord si ricicla di più rispetto al sud, perché c’è un tessuto industriale che alimenta il settore”, spiega Leoni. “Comunque, non tutto ciò che è avviato al riciclo viene poi effettivamente convertito in materia prima seconda: c’è una percentuale di materiale che si perde nelle diverse fasi di lavorazione”.

Tra le diverse filiere, quella della carta da riciclo è particolarmente importante per l’Italia: il nostro paese è il secondo utilizzatore europeo (con il 10,9% del totale dei volumi), dopo la Germania e prima della Francia. Nel 2020 si sono registrati i massimi storici per tasso di utilizzo, tasso di riciclo e tasso di raccolta: rispettivamente 61%, 53% e 69%. 

Ma molte aziende del riciclo della carta a breve potrebbero vedersi costrette a ridurre sensibilmente il proprio ciclo produttivo, a causa sia del caro bollette, sia del blocco dei settori industriali a valle. Gli impianti di trattamento rifiuti, infatti, ricevono carta e cartone dalla raccolta urbana e industriale: il rifiuto viene poi lavorato e dà origine materia prima seconda, la carta da macero, che poi viene inviata alle cartiere, dove viene macerata e trasformata in bobine di carta da riciclo. 

Diverse cartiere stanno fermando la produzione per l’eccessivo costo dell’energia”, spiega Francesco Sicilia, direttore generale dell’Unione nazionale imprese raccolta, recupero, riciclo e commercio dei maceri. “Questo sta comportando per noi una difficoltà nell’allocazione della carta da macero e nello stoccaggio: se non vogliamo fermare le linee, ma le cartiere smettono di acquistare, per poter stoccare molta più materia prima seconda dobbiamo ottenere deroghe agli stoccaggi da parte delle Regioni. Deroghe che ancora non ci sono state concesse. Fortunatamente ci sono ancora le esportazioni, in particolare nel Nord Europa e nel Sud Est asiatico, ma i clienti stranieri rappresentano per noi solo il 20% del totale”.
L’Unione chiede allora al governo di intensificare le verifiche su eventuali speculazioni, di introdurre un price cap sul prezzo dell’energia e di scollegare il valore delle rinnovabili dal gas, nonché misure temporanee per incrementare le capacità di stoccaggio degli impianti. “Se fermassimo la nostra produzione, si bloccherebbe un settore vitale dell’economia circolare”.


A subire l’impatto del caro energia è anche la filiera della plastica riciclata. “Le nostre sono imprese energivore: fino a un anno fa il costo dell’energia incideva per il 30% del totale, oggi le spese sono decuplicate”, spiega Walter Regis, presidente dell’Associazione nazionale delle aziende che riciclano le materie plastiche. “Per un’impresa di medie dimensioni, che produce 20000 tonnellate di plastica riciclata l’anno, la bolletta è passata da 100.000 euro al mese a un milione: non c’è più margine, anzi i costi sono molto superiori ai ricavi”. 

Così, l’attività di riciclo è già stata ridotta del 40%. In particolare, a soffrire sono quelle imprese che avevano scelto di acquistare energia con tariffe a prezzo variabile: per non chiudere,  stanno investendo i guadagni degli anni precedenti e stanno cercando di ricontrattare il prezzo della materia prima seconda con i clienti finali. Ma non sempre è possibile farlo. Anche i lavoratori stanno subendo ripercussioni: alcuni sono stati messi in cassa integrazione, altri hanno perso il posto

“La filiera rischia di bloccarsi: se non è ancora successo, è perché diverse aziende avevano stipulato contratti energetici a costi fissi”, spiega Regis. “ “Questo fa sì che non stiano ancora subendo l’impatto dei rincari, ma quando a dicembre questi contratti scadranno, le nuove tariffe saranno impossibili da sostenere”. Prima che si arrivi a quel punto, allora, l’associazione chiede alla politica di intervenire fermando le speculazioni  e fissando un tetto massimo ai prezzi dell’energia, oltre a dare incentivi ai produttori di imballaggi affinché utilizzino plastica riciclabile. 

L’impennata dei prezzi e l’incertezza nell’approvvigionamento del gas stanno evidenziando l’urgenza e l’improrogabilità della transizione energetica e dell’investimento su fonti rinnovabili. Il settore del trattamento dei rifiuti risente enormemente della crisi energetica, ma ci sono imprese che hanno trovato un modo per mettersi al riparo dagli aumenti: l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia

“Alcune aziende del riciclo hanno già installato impianti fotovoltaici per abbattere le spese della bolletta”, racconta Alessandra Bonoli, professoressa dell’Università di Bologna esperta di riciclo ed economia circolare. “… in futuro ogni singolo edificio, domestico o industriale, ma anche quelli pubblici come scuole o ospedali, dovrà essere allo stesso tempo produttore e consumatore di energia. Un esempio di questa rivoluzione sono le comunità energetiche”. 

Per passare a un modello basato sull’autoproduzione di energia, però, servono tempo e risorse economiche: nel frattempo, in questa fase di emergenza, per sostenere il settore “lo stato deve rafforzare i contributi economici erogati attraverso i consorzi pubblici che supportano il sistema di raccolta, selezione e trattamento rifiuti”, conclude Bonoli. Il tutto in un’ottica di contrasto alla povertà energetica, che sempre più potrebbe colpire le fasce più vulnerabili della popolazione”.

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14 risposte a "Il caro energia rischia di bloccare la filiera della raccolta differenziata"

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  1. Sul riciclo potrei raccontarne tante…tipo di una riunione con “un’emissario esterno” di una multinazionale che “convince” un’azienda che fa raccolta differenziata ad accogliere un certo prodotto difficile da smaltire….ma con la “buona volontà”…

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  2. L’aumento dei costi di elettricità e gas è uno di quei fenomeni che ha una portata devastante su tutti i processi produttivi di qualsiasi cosa…

    Io poi non ho ancora capito in modo chiaro da cosa dipende questo innalzamento così alto dei prezzi (che se non ricordo male, c’era stato già prima della guerra)

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        1. Di cosa, del caro energia? Visto che il costo dell’energia era già aumentato prima della guerra, mi sembra strano che un paese (scritto volutamente in minuscolo) decida di invaderne un altro. Le motivazione di questa guerra iniziata unilateralmente mi sembrano altre.

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          1. Si esatto! Mi è venuto pensato che l’Europa fosse molto interessata ad acquisire l’Ucraina in modo “pacifico” per motivi legati all’energia.
            Poi il pazzo si è incavolato e ha reagito in malo modo.

            Ma non conoscendo bene la situazione, è facile che la mia sia solo una sciocchezza!

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            1. “Acquisire” forse è un termine esagerato. Diciamo “attirare dalla propria parte”.
              Certo è che, essendo l’Ucraina una sorta di paese-cuscinetto, USA e UE hanno ritenuto che fosse meglio averla dalla parte dell’Occidente.
              Che io sappia, è diventata – insieme ad altri Stati – indipendente sin dai primi accordi di Minsk (quelli del 1991 stretti con la Russia di Eltsin e la Bielorussia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica). E dal 2013 è emerso il suo orientamento occidentalista, con le proteste anti-governative di Maidan a Kiev.
              A livello di produzione di energia interna al Paese (carbone, gas e nucleare), le quantità – a quanto leggo – sembrano “modiche”. Più che altro, credo che sia una regione di transito del gas proveniente dalla Russia, quindi un’ “arma” potente in mano a quest’ultima.
              A rigor di logica (la mia non è eccellente, però), non dovrebbe avere un grande valore strategico dal punto di vista dell’energia.
              È anche membro della Convenzione ONU sul clima ed ha ratificato l’Accordo di Parigi del 2015.
              La mossa del suo ingresso nella NATO forse è stata intempestiva, così come la richiesta di entrare nell’UE, e sicuramente questi due fattori sono stati scatenanti per l’inizio dell’invasione russa.
              Comunque, penso che a noi comuni mortali non sia dato sapere come stiano le cose veramente. E tra i comuni mortali forse ci sono anche i diplomatici e i politici.

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              1. Si acquisire non è un verbo corretto, meglio dire diversamente.
                Fatto sta che forse era meglio lasciare le cose dove stavano: se sono Stati cuscinetto dobrebbero restare tali.

                L’ultima parte della tua risposta credo che abbia centrato il punto! 🙂

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                1. C’è purtroppo il problema della Crimea, che la Russia si è annessa in un modo piuttosto discutibile.
                  E in modo abbastanza discutibile, anche l’Ucraina la reclama.
                  Dicono tutti che nessuno si è interessato alla storia di quella regione dal 2014 in poi, e in effetti ormai è difficile conoscerne i particolari, ma resta un ostacolo a ogni forma di negoziazione.

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