Lilith, la prima moglie di Adamo che lo scaricò

Lilith, la madre dei venti. Comincia con una folata che scombina l’ordine creato la storia della prima donna. Che non è Eva, moglie di Adamo.

di Galatea Vaglio

Perché in realtà nelle elaborazioni dei cabalisti medioevali, prima di Eva, che già di suo ha un bel caratterino, c’era stata un’altra moglie, ancor più indomabile: Lilith, appunto.
Adamo, diciamolo, come primo uomo non è che faccia fare al suo genere una gran figura. Quando Dio lo crea gli mette accanto Lilith, bellissima, tostissima, figlia della tempesta, che sa domare e scatenare i venti, pratica le arti magiche e si diverte a giocare con i demoni e con le forze della natura.

Adamo, da quel pampalugo che è, la giudica troppo ingombrante come compagna. Lilith non obbedisce, fa solo quello che vuole: starle dietro sarebbe impegnativo persino per un dio, per Adamo è impossibile.
E infatti Lilith lo molla, andando a vivere con i demoni, e lasciando pure intendere che il motivo della rottura siano le prestazioni di Adamo a letto: diciamo, per essere educati, monotone e non esaltanti.
Adamo, da quel frignone passivo aggressivo che è, va da Dio a lagnarsi, e Dio gli confeziona Eva, nata dalla sua costola, che dovrebbe essere più remissiva.

Col cavolo, lo sappiamo. Eva è donna, e come tale non ama le imposizioni e l’ordine costituito, soprattutto dai maschi. Difatti non si fa fermare dai divieti, e mangia il frutto dell’albero della conoscenza, dietro indicazione del serpente, che comunque era più affascinante di quel coniuge bietolone che le avevano appioppato.

Lilith non ha avuto nemmeno bisogno di farlo: da prima moglie saggia aveva già capito che quando ti tocca in sorte un Adamo, l’unica cosa saggia da fare è mollarlo e tornare libera, come l’aria, perché tutti i demoni sono comunque più sopportabili di un marito senza fantasia.


Il Ritorno di Lilith, di Joumana Haddad

Io sono Lilith, la dea delle due notti che ritorna dall’esilio.

Io sono Lilith, la donna-destino. Nessun maschio le è mai
sfuggito e nessun maschio desidera sfuggirle.

Io sono le due lune Lilith. Quella nera è completata dalla
bianca, perché la mia purezza è la scintilla della sua

depravazione, e la mia astinenza l’inizio del possibile. Io sono
la donna-paradiso che cadde dal paradiso, e sono la caduta-
paradiso.

Io sono la vergine, viso invisibile della scostumatezza,
la madre-amante e la donna-uomo. La notte perché sono il
giorno, il lato destro perché sono il lato sinistro, e il Sud
perché sono il Nord.

Io sono Lilith dai candidi seni. Irresistibile è il mio fascino
perché i miei capelli sono corvini e lunghi, e di miele sono i
miei occhi. La leggenda narra fui creata dalla terra per
essere la prima donna di Adamo, ma io non mi sono sotto-
messa.

Io sono la donna-banchetto e gli invitati al banchetto.
Strega alata della notte è il mio soprannome, e dea della
tentazione e del desiderio. Mi hanno definita signora del piacere
gratuito e della masturbazione, e sono stata affrancata dalla
condizione di madre affinché io sia l’immortale destino.

Io sono Lilith che ritorna dalla cella del candido oblio, leonessa
del signore e dea delle due notti. Raccolgo ciò che non
può essere raccolto nel mio calice da cui bevo perché sono
la sacerdotessa e il tempio. Consumo tutte le ebbrezze affinché
non si creda che io mi possa dissetare. Io mi faccio l’amore
e mi riproduco per creare un popolo del mio lignaggio, poi
uccido i miei amanti per lasciare spazio a coloro che non mi
hanno ancora conosciuta.


Ritorno dalla cella del candido oblio per coloro che non
mi hanno ancora conosciuta, per lasciare spazio ritorno
affinché non si creda che io mi possa dissetare, dal biancore
dell’oblio per assediare la vita e affinché il numero aumenti,
per uccidere i miei amanti io ritorno.

Io sono Lilith, la donna-foresta. Non ho subito attese
augurabili ma ho subito i leoni e le pure specie di mostri.
Fecondo tutti i miei fianchi per tessere il racconto. Raccolgo le
voci nelle mie viscere perché il numero degli schiavi sia al
completo. Mi nutro del mio corpo perché non mi si creda
affamata e mi disseto con la mia acqua per non patire mai la
sete. Le mie trecce sono lunghe per l’inverno, e le mie valigie
non hanno fondo. Nulla mi soddisfa nulla mi sazia, ed ecco
che ritorno per essere la regina degli smarriti nel mondo.

Io sono la guardiana del pozzo e il punto di incontro degli
opposti. I baci sul mio corpo sono le piaghe di quanti lo
tentarono. Dal flauto delle due cosce sale il mio canto, e dal mio
canto la maledizione si diffonde come acqua sulla terra.

Io sono Lilith, la leonessa seduttrice. Mano di ogni serva,
finestra di ogni vergine. Angelo della caduta e coscienza del
sonno leggero. Figlia di Dalila, di Maia Maddalena e delle
sette fate. Nessun antidoto alla mia dannazione. Dalla mia
lussuria s’innalzano le montagne e sgorgano i fiumi. Ritorno
per travolgere con i miei flutti il velo del pudore, e per
asciugare le piaghe della mancanza con la fragranza della
depravazione.

Dal flauto delle due cosce si eleva il mio canto

e dalla mia lussuria sgorgano i fiumi.
Come non potrebbero esserci maree
ogni volta che tra le mie labbra verticali brilla un sorriso?

Perché io sono la prima e l’ultima
la cortigiana vergine
la concupita temuta
l’adorata disprezzata
e la velata nuda,
perché sono la maledizione di ciò che precede,
il peccato scomparso dai deserti
quando abbandonai Adamo.
Egli errò qui e là, infranse la sua perfezione.
Io lo feci discendere sulla terra e accesi per lui
il fiore del fico.

Io sono Lilith, il segreto delle dita che insistono. Scavo il
sentiero, divulgo i sogni, fendo le città del maschio col mio
diluvio. Non riunisco coppie di ogni specie nella mia arca:
piuttosto divengo, affinché il sesso si purifichi da ogni purezza.

Io, simbolo della mela, i libri mi hanno scritta anche se
non mi avete mai letta. Il piacere sfrenato, la sposa ribelle il
compimento della lussuria che conduce alla rovina totale:
sulla follia si schiude la mia camicia. Quanti mi ascoltano
meritano la morte, e quanti non mi ascoltano moriranno di
rabbia.

Non sono né la ritrosia né la giumenta facile,
piuttosto il fremito della prima tentazione.

Non sono né la ritrosia né la giumenta facile,
piuttosto lo svanire dell’ultimo rimpianto.

Io, Lilith, l’angelo scostumato. Prima giumenta di Adamo
e corruttrice di Satana. L’immaginario del sesso represso e il
suo grido più forte. Timida perché sono la ninfa del vulcano,
gelosa perché sono la dolce ossessione del vizio. Il primo
paradiso non poté sopportarmi. E fui cacciata perché semino la
discordia sulla terra, perché gestisco sui giacigli gli affari dei
miei sudditi.

Sorte dei conoscitori e dea delle due notti. Unione del sonno
e della veglia. Io. Il feto poeta, perdendomi ho guadagnato
la mia vita. Ritorno dal mio esilio per diventare la sposa
dei sette giorni e le ceneri di domani.

Io sono la leonessa seduttrice e ritorno per coprire i sottomessi
di vergogna e per regnare sulla terra. Ritorno per guarire
la costola di Adamo e liberare ogni uomo dalla sua Eva.

Io sono Lilith
e ritorno dal mio esilio
per ereditare la morte della madre che ho generato.


Fonte

6 risposte a "Lilith, la prima moglie di Adamo che lo scaricò"

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    1. Bella frase, che non so bene come interpretare. Anche Lilith, poco conosciuta, ha il suo universo.
      [Io, che sono piuttosto terra terra, guardo le cose dal punto di vista linguistico e teologico.
      La creazione di Adamo ed Eva appare, descritta in modo diverso, in Genesi e in Deuteronomio.]
      Eva – e con lei Adamo – ha voluto attingere, nonostante il divieto, all’albero della conoscenza. Da qui all’universo ce ne passa!
      E la conoscenza? Sull’epistemologia sono poco ferrata… 🙂

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